CASO PFIZERGATE- Ursula Von Der Leyen sotto indagine dalla Procura europea

Con un tempismo perfetto, l’affare Pfizergate torna a turbare le notti di Ursula von der Leyen e soprattutto la sua ricandidatura alla presidenza della commissione europea. La Procura europea, infatti, ha preso il posto dei procuratori belgi nell’indagine su presunti illeciti penali, in relazione ai negoziati sull’acquisto dei vaccini anti covid tra Ursula Von der Leyen e il Ceo della farmaceutica Pfizer Albert Bourla. Accordi che sarebbero avvenuti via messaggi privati e telefonate. A riferirlo, è un portavoce della procura di Liegi a Politico.

I messaggi

Lo scandalo era emerso lo scorso anno, quando le autorità belghe avevano aperto un fascicolo nella città di Liegi a seguito di una denuncia presentata dal lobbista belga Frederic Baldan per “interferenza in funzioni pubbliche, distruzione di Sms, corruzione e conflitto di interessi”, a cui si erano poi uniti i governi ungherese e polacco.

La denuncia verteva proprio su questo presunto scambio di messaggi e chiamate tra Von der Leyen e Bourla poco prima dell’accordo sui vaccini, uno dei più grandi e onerosi per gli Stati membri e su cui ha sempre aleggiato un velo di segretezza.

La causa

A fare da cassa di risonanza era stato anche il New York Times che a gennaio 2023 aveva avviato una causa parallela contro la Commissione poiché quest’ultima si rifiutava di rivelare il contenuto dei messaggi, nonostante una richiesta di accesso agli atti ufficiale.

E chissà se questi messaggi esistono ancora visto che la stessa commissaria alla Trasparenza per l’Unione Europea, Vera Jourova, aveva riferito al New York Times che le chat non si trovavano più e potevano essere state addirittura “cancellate”.

Il silenzio di Ursula

Finora però Ursula von Der Leyen si era trincerata nel più completo silenzio, rifiutandosi anche di comparire di fronte alla Commissione Covi che più volte aveva richiesto un’audizione pubblica con la Presidente della Commissione europea e anche con il Ceo di Pfizer.

Inutilmente però, visto che entrambi si sono sempre negati e la prima anche con la complicità dello stesso Parlamento europeo, che a febbraio scorso aveva risposto con l’ennesimo no alla comparizione della Von der Leyen.

Dal parlamento europeo per ora c’è il massimo riserbo e nessuno commenta l’indagine dell’organo europeo, che in teoria potrebbe sequestrare telefoni o altre materiale utile non solo dagli uffici della Commissione europea ma anche in altri Paesi come, per esempio, la Germania, di cui Von der Leyen è originaria.